inconscio



L'inconscio, come aggettivo, significa i contenuti non presenti nella coscienza, come sostantivo, specifica un luogo della psiche. Jung situa storicamente la nozione di inconscio nelle "piccole percezioni" e nelle "percezioni insensibili" di Leibniz. L'esistenza di una vera e propria zona inconscia si diffonde nella scuola cosiddeetta wolffiana. Schopenauer concepisce l'insconscio come quella volontà di vivere che costituisce il noumento del mondo, cioè come quella volontà irrazionale che è al di fuori dello spazio e del tempo e che non è regolata dal principio di causalità che presiede alle rappresentazioni umane. Fechner, riprendendo il concetto di Herbert di "soglia di coscienza", rappresenta la mente dell'uomo come un iceberg di cui emerge in superficie soltanto la cima. Charcot, Janet, Ribot e Flournoy si riferiscono alla nozione di inconscio per comprendere i fenomeni psichici quali l'automatismo, la suggestione, il sonnambulismo e i sintomi isterici.

Con la psicoanalisi l'inconscio perde il suo aspetto indeterminato e amorfo identificandosi con le tendenze sessuali. I processi psichici sono visti come di per sé inconsci e che solo alcune parti della vita psichica sono consce. Per la psicoanalisi perde valore l'obiezione di Locke per cui uno stato mentale per esistere deve essere percepito o essere oggetto di coscienza. Per la psicoanalisi un certo stato mentale esiste quando, pur non essendo "percepito", può comunque essere posto in evidenza attraverso opportuni procedimenti scientifici. Per questo Freud insiste molto sulla nozione di sintomo: un sintomo si forma a titolo di sostituzione al posto di qualcosa che non è riuscito a manifestarsi al di fuori.

Nella psicologia analitica junghiana quattro sono le qualifiche fondamentali attribuite a questo termine: quella di condizione o causa, quella di compensazione, di coppie di opposti, quella di cura.

Inconscio come causa o condizione:
- Inconscio relativo: ogni sapere che la coscienza possiede può divenire effettuale a patto che essa stessa ne ammetta il limite e si riconosca condizionata in modo particolare dall'inconscio. In questo senso si può dire che l'inconscio fonda i significati cognitivi e affettivi di cui l'uomo dispone, o meglio che l'inconscio, in quanto fondo e sfondo delle figure della coscienza, è ciò che produce e mantiene vivo l'ordine significativo. L'inconscio è relativo perché imperfetto, dinamico e legato alla temporalità (storica e culturale);
- Inconscio assoluto: qui si radunano le riflessioni di Jung sulla formulazione del concetto di inconscio da cui discendono la teoria sulla natura archetipica di certe rappresentazioni psichiche, la teorizzazione degli invarianti della immaginazione inconscia collettiva e le ricerche junghiane sui simbolismi;
- Inconscio creativo: è l'inconscio della causalità produttiva o creativa. La creatività originale è perennemente rinnovantesi attraverso un'immaginazione inconscia che fornisce il materiale all'infinito tradursi dell'esistenza.

Inconscio come compensazione o complementarietà: si definisce compensazione della coscienza da parte dell'inconscio l'atto e l'effetto dello stabilirsi nella psiche di una situazione di equilibrio tra differenti elementi e sistemi tra loro distinti. Il materiale dell'immaginazione inconscia rinvia alla differenza che in vari gradi intercorre tra l'atteggiamento della coscienza e quella che Jung chiama "la situazione vitale";

L'inconscio e le coppie di opposti: due termini o oggetti sono legati da una relazione di esclusione ma che quanto alla forza del loro significare risultano legati da una relazione di tipo polare che li mantiene in uno stato di tensione.

L'inconscio come cura: il trattamento della nevrosi muove dall'ipotesi dell'inconscio come una ricerca del potenziale dell'individuo in vista della costruzione di una unità più complessa della sua personalità. Con la psicologia analitica si apre quindi questo difficile progetto psicologico: ogni esperienza vera di ciò che l'Io è, non è possibile se non davanti a ciò che l'Io non è.


Bibliografia

Pieri, P. F., Dizionario junghiano, Bollati Boringhier, Torino 1998