alfred adler



ADLER ALFRED, n. a Vienna il 7 febbraio 1870, m. ad Aberdeen (Scozia) il 28 maggio 1937. Di origine ebraico-ungherese, trascorre la propria infanzia nella periferia di Vienna. Si laurea in Medicina nel 1895 con una specializzazione in oculistica. Due anni dopo sposa Raissa Timofeevna Epstein, figlia di un commerciante ebreo e fervente sostenitrice dei diritti femminili. A partire dal 1898 esercita la professione di analista privatamente con una clientela in gran parte d’estrazione piccolo borghese e proletaria. Al 1902 risale il primo incontro con Freud. Da quella data fino al 1911 fa parte della Società Psicoanalitica di Vienna, di cui è eletto presidente nel 1910. Nel 1904 si converte al protestantesimo. I biografi parlano, a tale riguardo, della sua aspirazione a una religione da condividere con l’umanità. Nel 1907 pubblica il suo studio sull’inferiorità organica, che pone le basi di quella che sarebbe stata la psicologia individuale. Un anno dopo introduce il concetto di "pulsione di aggressione" la cui specificità è in un primo tempo negata da Freud, che in seguito la integra nella sua teoria pulsionale a partire dallo scritto Al di là del principio del piacere pubblicato nel 1920. Nel sostenere la specificità e l’autonomia di tale nozione e, conseguentemente, nell’opporsi al primato accordato dalla teoria freudiana alla pulsione sessuale, A. inizia a prendere le distanze da Freud, mettendo in atto un processo che culmina nel 1912 quando, dopo aver nell’anno precedente abbandonato la Società Psicoanalitica di Vienna, fonda insieme con altri dissidenti la Società per la Libera Psicoanalisi che presto muta il suo nome in quello di Società di Psicologia Individuale per divenire poi, definitivamente, di Psicologia Individuale Comparata. Nel 1914 Freud pubblica lo scritto Per la storia del movimento psicoanalitico, nel quale muove ad A., tra le altre accuse quella di slealtà e opportunismo (nel negare la centralità della libido A. avrebbe tentato di rendere più accettabile la sua presunta nuova teoria). Durante la prima guerra mondiale A. è medico militare al fronte russo. Dopo la fine del conflitto, parallelamente alla conquista del potere da parte dei socialdemocratici (A. è un convinto socialista e molti dei partecipanti alla Società di Psicologia Individuale Comparata aderiscono a questo partito), si dedica alla costituzione di molteplici strutture (consultori per insegnanti, scuole sperimentali, asili), dove porta avanti le proprie idee fortemente innovative in campo psicopedagogico, strutture che successivamente verranno soppresse dai nazisti. Nel 1924 si tiene a Vienna il primo congresso internazionale della Società di Psicologia Individuale Comparata. Nel 1932 A. si trasferisce negli Stati Uniti dove viene nominato professore di Psicologia medica al Medical College di Long Island, New York. Si tratta di un riconoscimento universitario che manca ad A. dal tempo della sua domanda di libera docenza (inoltrata nel 1912 e respinta tre anni dopo). In occasione d’un ciclo di conferenze ad Aberdeen, A., che durante la sua vita ha svolto un’intensa attività di conferenziere (rivelandosi oratore di grande efficacia), muore in seguito ad attacco cardiaco. A. è il primo geniale eretico della psicoanalisi. Si potrebbe dire a tale riguardo che la grandezza della psicoanalisi (così come, per altri versi, la grandezza del cristianesimo) è stata anche quella di aver generato splendide eresie. La concezione sviluppata da A., comunque, si divarica a tal punto dal solco freudiano da costituirsi come autonoma, il che, sia pure con intenti polemici, fu rilevato dallo stesso Freud, cui muove critiche molteplici e radicali. Inammissibile è considerata la centralità assegnata nel sistema concettuale freudiano alla libido. Freud non si sarebbe reso conto del contenuto simbolico della percezione sessuale (una critica analoga sarebbe stata formulata da Jung). Lo stesso "complesso di Edipo" va trasvalutato. Come ad esempio si desume dal sogno di Ippia che A. legge in Erodoto (e nel quale il protagonista, che aspira a conquistare la sua città natale, crede di dormire con la madre), esso simboleggia l’aspirazione al dominio. Inoltre ipotizzando una etiologia sessuale delle nevrosi, Freud mostra di ignorarne il dinamismo finalistico. Il desiderio ha la sua teleologia, il che non significa negare l’importanza del passato nella vita d’un individuo. A., che come secondogenito ha avuto numerosi contrasti con il fratello maggiore Sigmund, non può non nutrire un particolare interesse per le dinamiche familiari e, in modo specifico, per i rapporti tra fratelli e sorelle a motivo, appunto, della competitività che li contraddistingue.
L’analisi della costellazione familiare (e con essa dei primi ricordi infantili) segna del resto un momento irrinunciabile della psicoterapia. È comunque il trascinamento finalistico della vita a costituire una delle cifre della psicologia individuale. In quest’ottica la nevrosi va considerata non come regressione verso forme infantili o ataviche, ma come "atto creativo". L’uomo concepito da A. non può in alcun modo sfuggire ai significati e i significati riguardano quella che l’altro grande eretico della psicoanalisi, Jung, chiamava, in polemica con l’ottica causalistica freudiana, "comprensione verso l’avanti". La concezione adleriana s’impernia sulla radicale unicità dell’individuo (resa nel sintagma "stile di vita" introdotto nel 1926 e già impiegato in precedenza da M. Weber) e sul suo armonico inserimento nella società. Il che implica il rifiuto del solipsismo, della dicotomia conscio/inconscio (così che molti ritengono, erroneamente, che A. sopprima il concetto di inconscio) e della frammentazione della psiche in istanze, esemplificata nella tripartizione Io-Es-SuperIo propria della seconda topica freudiana. Di conseguenza, per A., è un arbitrio sostenere che la nevrosi derivi da un conflitto tra conscio e inconscio. La psicologia adleriana è pragmatica, intuitiva, vicina al patrimonio del senso comune, rivolta alla coscienza; in una parola, si fonda sulla Menschenkenntnis, ovvero sulla conoscenza pratica di sé e degli altri. Diversamente da Freud, A. rivendica il diritto della psicologia individuale a essere considerata una concezione filosofica, diritto che le spetta per l’impegno a comprendere il senso della vita. Legge fondamentale della quale è secondo A. la vittoria sulle difficoltà. Il che configura la vicenda dell’uomo come radicata, originariamente, in un sentimento d’inferiorità (di cui il "complesso d’inferiorità" è la variante patologica). Tale inferiorità, dapprima pensata come "inferiorità d’organo" (A. stesso da bambino ha sofferto di rachitismo e di asma), coinvolge successivamente la sfera psicologica ed esistenziale. Essere uomo, scrive A., significa nutrire un sentimento d’inferiorità che preme costantemente per il suo superamento. L’uomo compensa tale dato costitutivo di partenza con la "volontà di potenza" (altrimenti detta "aspirazione a emergere", "propensione alla superiorità", "tendenza a prevalere"), nozione di chiara derivazione nietzscheana e che A. concepisce come fondamentale e innata. La tendenza a prevalere, propria di tutti gli uomini, può dar luogo a compensazioni positive (e positivo è per A., che non manca di una forte tensione etica, l’equilibrio tra istanze individuali e sociali) o a negative ipercompensazioni, quali il complesso di superiorità, che mantiene il singolo in uno stato di separazione dalla comunità. Alla volontà di potenza fa da riscontro dialettico l’altra istanza fondamentale della psicologia individuale, il sentimento sociale, che include l’empatia e la tendenza a cooperare col prossimo. In effetti, per A., solo se implicano il sentimento sociale le funzioni organiche e psichiche possono svilupparsi in modo sano. Il che porta il discorso sui fini della psicoterapia adleriana, la quale si svolge come relazione "faccia a faccia" e si fonda sulla promozione delle "zone di luce" del paziente tramite l’incoraggiamento, l’empatia e la creatività. La diade analista-paziente è per l’ultimo A. "coppia creativa" e la psicoterapia viene concepita come "professione artistica", il cui fine consiste, in un primo tempo, nel decodificare le "mete fittizie", ovvero le "finzioni" e, ancor più, le "finzioni rafforzate", tipiche dei nevrotici e degli psicotici, caratterizzate da estremo individualismo e dunque creatrici di distanza patologica. Tale distanza, che va intesa anche in senso intrapsichico, cioè come divaricazione di sé dall’atto da compiere o dalla decisione da prendere, viene ribadita nei sogni, i quali rappresentano altrettanti modi del sognatore d’ingannare se stesso, di rimanere sospeso alla croce delle proprie finzioni, di opporre resistenza al lavoro analitico, circostanza, quest’ultima, che induce A. a coniare l’espressione "complesso di Penelope". Alla destrutturazione dell’onnipotenza del paziente fa da riscontro la promozione dei "compiti vitali" (amicizia, amore, lavoro) e, in ultima analisi, del sentimento sociale: vale a dire, la creazione di un nuovo stile di vita. Un discorso a parte meriterebbe la questione dell’influenza della psicologia adleriana, che raggiunge notevoli e anche inattese profondità. A partire dagli stessi Freud e Jung molti sono gli psicologi in debito nei confronti di A. Si sono fatti i nomi degli psicologi dell’Io (Hartmann, Kris, Loewenstein e altri), dei culturalisti neofreudiani (Fromm, Horney, Sullivan), degli psicologi del Sé (Kohut), della bioenergetica (Lowen), di Bion, delle psicologie umanistiche ed esistenziali (Maslow, Rogers, Binswanger, Frankl), dell’antipsichiatria (Cooper, Esterson, Laing). È stato anche rilevato come la psicosomatica veda in A. uno dei suoi sicuri precursori. Per non parlare dell’apporto innovativo nel campo della psicopedagogia. Molti debiti sono passati sotto silenzio e ciò costituisce uno "specifico adleriano", rilevato da più parti, degno d’una ulteriore indagine. A ciò ha forse contribuito anche la cifra stilistica del dettato adleriano, assolutamente scevro di quei tecnicismi che caratterizzano una scuola psicologica. E si tratta d’una cifra stilistica perfettamente in armonia con quell’istanza basilare della Weltanschauung di A. che abbiamo visto corrispondere al sentimento sociale.


Bibliografia

Carotenuto, A. (a cura di), Dizionario bompiani degli psicologi contemporanei, Bompiani, Milano, 1992